Torna alla pagina di don Antonio                             “La messa del gallo”

Pasqua 2008 in Perù

 

La realtà raramente supera la pubblicità, l’aspettativa. La “Messa del gallo” è stata davvero più bella e nuova di quanto mi avevano preannunciato. Alle quattro della mattina di Pasqua la Cattedrale di Huacho, questo angolo del Perù sull’oceano Pacifico, era piena di fedeli, compreso un bambino di pochi giorni in braccio alla sua mamma. Si era al culmine di una settimana intensa di avvenimenti, sempre con Gesù a fare da “attore” principale, sia nella liturgia ufficiale che in quella devozionale.     

        

Teatro della Passione e via Crucis

Neanche i primi tre giorni della Settimana Santa sono rimasti vuoti. Parte della tradizione è ormai anche il teatro della Passione di Gesù, con la compagnia parrocchiale che ha 25 anni di vita. Quasi una prova quella di Lunedì Santo nel cortile interno, per sfidare la piazza centrale il mercoledì. Non era bloccato il traffico, ma si sentiva il coinvolgimento della folla nei punti più alti della vita di Gesù. Quasi cento attori entravano e uscivano nel movimento delle luci, della musica e del parlato, tutto con una sincronia senza inceppamenti. Un brivido in tutti e il respiro trattenuto quando Giuda si è impiccato a un palo della luce: sembrava così vero. Chiaro che è sempre di Gesù la parte che colpisce di più, flagellato, insultato, inchiodato, appeso. In quei momenti sembrava fossero spariti i soliti rumori dei taxi e anche la musica della vicina scuola di danza. Un silenzio ha accompagnato Gesù al sepolcro: si sentiva solo il pianto della Maddalena.

 

La Messa crismale è anticipata al martedì per favorire la a partecipazione di tutti sacerdoti che vengono da lontano, per rinnovare le loro promesse e prendere i nuovi oli dei Sacramenti.

Mercoledì Santo ha espresso una via Crucis particolare con la processione di Gesù Nazareno, il sofferente che porta la Croce, aiutato dal Cireneo. Tutti e due - sempre come persone vive – stavano sulla portantina sostenuta da 20 “cargatori”. Sempre la partenza dalla Chiesa con la santa Messa, per poi percorrere le vie della città, con la banda che eseguiva tristi melodie. Un altro percorso per la Vergine dalle sette spade, con il suo vestito nero, che va’ alla ricerca del suo Gesù. Non sono riuscito ad essere presente al loro incontro, e mi spiace, anche se ero proprio impegnato per le Confessioni.

 

Giovedì Santo e la chiave del tabernacolo

In Perù ci sono due giorni di vacanza per tutti, il Giovedì Santo e il Venerdì Santo, non c’è quello di Pasquetta.

La liturgia è stata guidata dal Vescovo Monsignor Antonio Santarsiero che ha lavato i piedi a 12 seminaristi, ha celebrato la Messa della Cena del Signore e poi ha portato il Santissimo al “Sepolcro”, lasciandolo in un tabernacolo, ben chiuso a chiave. “Dove è il Sindaco? Dove è il Maresciallo?” chiedeva il Vescovo, con la chiave in mano. Con dignità si è fatto avanti il Maresciallo che chinando il capo, si è lasciato mettere al collo il nastro con la chiave del tabernacolo: è stato lui l’unico custode di Gesù nel Sepolcro! E’ tradizione anche questa.

Tutta la notte Gesù è stato vegliato dai gruppi e dalle confraternite, in uno scintillio di luci e un profumo di gigli.

                          

 

 

Venerdì Santo e i chiodi della Croce

E’ giorno centrale per le Confessioni, come in tutte le chiese del mondo. Si vede però in movimento una confraternita (hermandad) nuova, quella del Signore del Santo Sepolcro, che ha anche magliette personalizzate con la scritta: “Signore, prostrato davanti alla tua immagine, mi offro a te”. Preparano il Calvario con la Croce e due  alberi di ulivo, perché?

  

Quanta gente c’è già in chiesa a mezzogiorno per la predica delle “tre ore” ascoltando le Sette parole di Gesù in Croce. Come sacerdoti ci alterniamo nelle spiegazioni, parola per parola. A me tocca quel grido di dolore: ”Ho sete!” Poi si aspetta in silenzio le tre, l’ora di Gesù. Non pesa nemmeno il ritardo, mentre si spalancano tutte e tre le porte e a poco a poco si riempie anche la piazzetta. Leggo con emozione la parte di Gesù nel racconto della Passione, poi vedo arrivare la Croce con le tre soste nella navata centrale.  Tutto si svolge con una calma incredibile quando tutta (e dico tutta davvero) la gente viene a baciare la croce. Non è mai un bacio veloce, spesso è anche un accarezzare se non proprio come un asciugare con un fazzoletto il volto e il corpo di Gesù, con delicatezza degna della Veronica. Nessuno guarda l’orologio. In quel momento il sole rosso del tramonto, prima di cadere nel vicinissimo Oceano, è entrato nella Cattedrale, come posandosi sulle teste della gente che cammina lentissimamente verso la Croce. In tasca tengo la macchina fotografica, ma non me la sento di scattare foto, troppo intenso e personale è il colloquio con Lui, da parte di piccoli o grandi, di uomini o di donne, compresi quelli in divisa.

Nel rito romano c’è la comunione anche il Venerdì Santo. Tocca a me andare a riprendere la Pisside dal Sepolcro accompagnato dal Maresciallo che, onorato della fiducia, mi consegna la chiave da lui custodita per 24 ore. La liturgia continua con la lunga preghiera dei  fedeli e poi tante e tante Comunioni.

Tutto finito? No, tutto continua in armonia su quel Calvario preparato al mattino dietro l’altare. Scandito dalla voce del Sacerdote ci sono tutti i movimenti: staccare la targa INRI, togliere la corona di spine per poi estrarre uno dopo l’altro i chiodi. Il presidente della confraternita riceve i vari oggetti, li mostra alla gente e soprattutto li presenta alla Madonna Addolorata che sta anche lei lì all’altare, vestita di dolore ma con significativi girasoli ai suoi piedi. Allo stacco del chiodo il braccio morto di Gesù scende sui fianchi, mentre quattro uomini si avvicinano con il lenzuolo bianco della Sindone, pronto per accogliere nel suo grembo il corpo esangue. E’ teatro o realtà?

Con movimenti lenti e delicati si pone il “corpo giacente” nella sua urna che è come una cassa da morto, con i fianchi in vetro per permettere la visione a tutti. La “anda” o portantina è tutta dorata con i pannelli intagliati delle 14 stazioni della via Crucis e quattro angeli che vegliano in lacrime. E’ l’anda più preziosa e anche più pesante, tanto da richiedere ben 32 cargatori, uomini e giovani forti e motivati. Sempre in un silenzio ricco di fede, si prepara l’uscita per le strade, con Gesù nel suo Sepolcro e la Madre ritta nel suo dignitoso dolore. Impressionante il numero di migliaia di persone che li accolgono all’uscita, occupando piazza e strada, per poi accompagnare “quei due” per le strade della città. E’ notte, notte di luna piena.

                     

               

Sabato Santo con la chiesa chiusa

 

Si sentono le differenze tra il rito ambrosiano di Milano e il rito romano sparso in tutto il mondo. Oggi la Chiesa è proprio chiusa. Non c’è niente e nessuno fino al tramonto. Neanche le Confessioni, è tempo di attesa.

La Liturgia della Veglia Pasquale è bella nei suoi messaggi di fuoco, luce, acqua, vita. E’ però anche lunga, complicata e non riesce a “tenere svegli”. Qui si comincia in tanti e si finisce in pochi!

Mi tornano alla mente le stupende notti di Pasqua africane, con inizio alle 21.00 e conclusione verso le due del mattino con la gente che tornava alle sue case o capanne cantando, danzando e con la candela pronta per accendere il loro fuoco di famiglia.

Qui c’è un momento di risveglio solo quando quattro giovanotti ricevono il Battesimo, pronti poi a ricevere lo Spirito Santo e a fare la loro Prima Comunione.

Le ore passano e come farò a essere sveglio alle quattro? Questa non è una notte per dormire.

 

Domenica di Pasqua e il chicchirichì

 

La prima Messa di Pasqua ha proprio un nome speciale: è la Messa del “gallo”, come se fosse davvero il suo chicchirichì a svegliarci nella notte.

Una cattedrale tutta diversa mi accoglie e mi aiuta così ad avere gli occhi aperti. Ci sono quattro statue su quattro baldacchini ai quattro angoli: Gesù Risorto, la Madonna con un vestito nero e una fascia bianca, San Giovanni tutto in bianco e San Pietro tutto in rosso, con mitria e triregno da Papa. Pronte sono le quattro corrispondenti confraternite di uomini e di donne con le loro divise colorate.

                       

 

La Messa inizia alle 4.10, concelebro con padre Saverio, giovane sacerdote peruviano. Si sente che la partecipazione è vera, tanto che Padre Saverio non fa’ fatica a invitare tutti a gridare: “Cristo è risorto, Cristo è vivo”; sono svegli e contenti. Le statue riccamente decorate di Gesù Risorto e della Madonna sembrano quasi che partecipino anche loro alla Santa Messa. Il canto della Pace è ritmato dal battito delle mani, mentre tanti alleluia accompagnano i momenti della Comunione pasquale.

E’ sempre notte, ma “è una notte tanto meravigliosa, è solo questa la notte che ha conosciuto il momento della Resurrezione di Gesù. Sarà una notte chiara come il giorno, notte luminosa per la mia gioia”.  Così sta scritto nella bella locandina della Confraternita del Risorto che celebra i suoi 40 anni. Anche questa volta la Messa non finisce, perché la benedizione dà il via alla processione dei “quattro”.

Il Cristo Risorto ha un vestito leggero, bianco e verdino con una fascia rossa ricamata che attraversa il suo corpo.  Una mano è verso l’alto, benedicente, mentre l’altra impugna il vessillo rosso della sua vittoria, con i ricami dorati della sigla JHS. Sul capo la sua corona è a raggiera e sprizza luce.

 

Così Gesù lascia l’altare e si avvia verso l’uscita dove però viene steso in fretta e furia un telo bianco: non si passa! Però i cargatori non si fermano e il telo bianco con una grande croce nera è stracciato dal Cristo che risorge e raggiunge le prime luci dell’alba, ricevendo un applauso lunghissimo, mentre suonano le campane e vengono lasciate volare delle colombe e dei palloncini. Una pioggia di coriandoli e il fumo dell’incenso avvolgono il Risorto mentre passa sotto un arco di trionfo: la città è tutta per Lui.

 

Per vederlo risorto si mettono in cammino anche le altre tre statue, meglio dire le altre tre persone, ognuno con un percorso diverso, proprio come per una ricerca del tesoro nascosto, quel Gesù che avevano lasciato in un sepolcro. Anche la gente si divide in quattro gruppi, mentre ci sono i botti dei fuochi di artificio che scuotono la città ancora addormentata. La processione durerà ore e ore, permettendomi di tornare a casa a riposare un po’, con il cuore contento, mentre spunta il sole dietro le colline del deserto.

Alle dieci di mattina la Madonna ritrova il suo Gesù proprio nella piazza principale: è il momento dell’incontro. C’è tanta e tanta gente, molte famiglie orgogliose di indicare ai loro figli la tradizione che si rinnova. Mi avvicino anch’io, sono quasi sveglio, tanto da notare che la Madonna Addolorata con le sue sette spade ha tutto un vestito nuovo di un bianco immacolato. Dove avrà lasciato il vestito nero?  L’incontro avviene così: le due ande con i loro stanchi e felici cargatori si avvicinano, la Madonna si abbassa come per inginocchiarsi, Gesù riceve contento l’omaggio abbassandosi quasi per abbracciare sua Madre. Questo scambio di saluti si ripete tre volte, accompagnato da tre vivaci applausi della gente che si sente pure parte viva di questo miracolo di vita e di gioia. C’è anche la televisione e un giornale cittadino. Sono l’unico “gringo”, vengo notato e intervistato al volo. In spagnolo dico la mia gioia e la mia meraviglia.

Arrivano poi le statue di Giovanni e Pietro che già hanno “trovato” Gesù in altre piazze della città e si preparano per l’entrata trionfale nella Cattedrale. C’è il Vescovo ad attenderli, con pazienza, perché ogni movimento è scandito dal ritmo della tradizione, non si può correre, per dare tempo alle donne di fare l’ultimo omaggio dell’incenso e ad alcuni fortunati bambini di essere innalzati quasi a baciare Gesù Risorto. Sono le 11.30, la “Messa del gallo”, iniziata alle 4,10, si conclude solo ora che le statue sono tornate ai loro quattro angoli e il Vescovo può dare la solenne benedizione finale con tanti alleluia, alleluia e alleluia.

           

Il pranzo di Pasqua è con il Vescovo e trenta tra sacerdoti e seminaristi. 

Al momento del dolce c’è la sorpresa di due colombe arrivate miracolosamente dall’Italia.

Qui l’uovo di Pasqua non c’è, la Pasqua sì, e come!

 

Don Antonio Colombo

Huacho 2 aprile  2008

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