Una croce colorata nel Sud del mondo

Quando ti chiedono ‘chi sei’, devi essere pronto a presentarti, anche se la lingua fatica a sciogliersi in spagnolo. Così ho preparato la lezione scritta, pronta a ripeterla a secondo delle varie domande.

Vengo dal paese della pizza e degli spaghetti, mi chiamo padre Antonio Colombo, sacerdote della Diocesi di Milano. Mia data di nascita: 6 dicembre 1940, a Dolzago, in provincia di Lecco, Italia, Europa. Sono nato durante la seconda guerra mondiale quando tutte le famiglie soffrirono moltissimo. La mia famiglia era composta da papà Noè, mamma Giuditta con sei figli, tre maschi e tre femmine. Mio papà faceva il falegname e trovò lavoro in un altro paese, a Casatenovo. Lì sono cresciuto e lì ho ancora tanti amici.

All’età di 13 anni entrai nel seminario di San Pietro in Seveso, per continuare poi gli studi a Venegono per conoscere meglio la Bibbia, la teologia e la pastorale. Fui ordinato sacerdote il 27 giugno 1964 dal Cardinale Giovanni Colombo, nel meraviglioso Duomo di Milano. La mia prima destinazione fu in parrocchia a Cerro Maggiore, impegnato particolarmente con i ragazzi e i giovani. Sono stati 10 anni molto importanti per la mia crescita sacerdotale.

   

Nel mio animo nacque il desiderio di essere missionario quando due delle mie sorelle andarono ad abitare in Africa, in Mozambico, una come Suora Missionaria della Consolata  e una per matrimonio. Laggiù ero andato a celebrare lo sposalizio nel settembre 1971. La domanda di partire come “Fidei donum” per le missioni fu approvata dal Cardinale Colombo che mi mandò a studiare inglese a Londra nel 1973 e mi destinò poi in Zambia, un paese nel Sud dell’Africa, dove arrivai il 20 giugno 1974: la mia ‘prima’ esperienza come missionario, seguendo le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo a portare il mio messaggio di salvezza”.

Sono rimasto in Zambia per 12 anni, imparando la lingua locale ciniangia per poter essere meglio in contatto con la gente, nella cittadina di Kafue. Mi è piaciuto tanto vivere con loro, celebrando la Santa Messa nella ricca liturgia africana con musica e danze religiose coinvolgenti. Nella parrocchia “Divino Salvatore” ero ancora molto impegnato con la gioventù, per diventare parroco nell’altra “San Giovanni Battista” con la Chiesa nuova da costruire e la prima evangelizzazione nei villaggi dell’interno. Ci furono giorni molto difficili per la guerra con lo Zimbabwe, con periodi di fame e di paura. Ricordo la notte di Pasqua con tanti ragazzi, giovani e adulti che ricevevano il Battesimo: la chiesa era strapiena di gente e soprattutto di allegria.

La Diocesi di Milano, dopo 12 anni, mi richiama in Italia, affidandomi nel 1986,a Cologno Monzese, la parrocchia di San Giuseppe, 11.000 abitanti con una piccola simpatica chiesa moderna, quasi soffocata dalla catena di piccoli grattacieli di 8 piani. E’ proprio a Cologno Monzese che si celebra una delle prime “Feste dei popoli”, all’arrivo, a piccoli gruppi, degli stranieri.

 

Nel 1993 sono a Milano, nella parrocchia di San Martino in Greco con 7.000 abitanti. Sono 11 anni di incontro con le diverse facce della vita, i ricchi e i poveri, la fede solida e quella debole, con tante attività per gli anziani della terza età e per gli ammalati. Per i ragazzi nasce un gruppo sportivo, mentre piccoli di ogni parte del mondo si ritrovano nell’Asilo Nido: italiani, filippini, sudamericani e marocchini. Il mondo si ritrova ormai nella piccola piazza dell’antico Borgo Greco: nella sua Chiesa una coppia di fidanzatini sudamericani prega e ricarica il cellulare, mentre ragazze tunisine attingono acqua alla fontanella con lo stemma degli Sforza. Proprio in quella Piazza incontro la mia prima famiglia peruviana con Valeria Rodriguez, una bambina appena arrivata da Lima.

La salute sembra buona, ma il ritmo cardiaco è irregolare. E’ il 12 novembre 2001, all’Ospedale di Niguarda, sono sottoposto ad una operazione chirurgica per tre by-pass. Dio è rimasto al mio fianco: posso riprendere il cammino.

 

L’ultima tappa italiana mi porta all’Altopiano di Seveso, in quei boschi dove giocavo da giovanissimo seminarista. Ora c’è la Parrocchia San Carlo con 4.500 abitanti, ambiente sereno con circa il 25% di fedeli ogni domenica a Messa, con un coro parrocchiale che loda il Signore con moderni canti liturgici.

 

Su invito dell’Arcivescovo Monsignor Medardo  Mazombwe torno in Zambia per un mese nel 2005, ritrovando tanti fedeli e soprattutto giovani sacerdoti africani, usciti dal gruppo dei chierichetti di venti anni prima. Questa visita mi ha forse risvegliato nel cuore il “mal d’Africa”, tanto da farmi scrivere una lettera al Cardinale Tettamanzi per una possibile “ripartenza” per le strade del mondo.

Siamo ormai ai primi mesi del 2007 quando Monsignor Carlo Redaelli,  Vicario Generale della Diocesi, mi dice semplicemente che posso prepararmi perché ci sono diverse nazioni aperte: Camerun, Brasile, Perù…

 

Una brusca frenata ai sogni è data dalla frattura del femore durante una partita di calcio nella festa dei papà a San Giuseppe. Torno in piedi con calma, mentre arriva la destinazione finale: Huacho in Perù.

 

Senza stampelle,  sono anch’io al Velodromo del Vigorelli la sera del 20 ottobre 2007, per ricevere dalle mani del Cardinale la Croce con i cinque colori del mondo: il verde per l’Africa, il bianco per l’Europa, il giallo per l’Asia, l’azzurro per l’Oceania e il rosso per l’America. Posso partire per il Perù.

 

Un piccolo “antipasto” peruviano l’ho avuto domenica 28 ottobre, partecipando alla Festa del Signore dei miracoli – Señor de los Milagros, in piazza Santo Stefano a Milano. Con il Vescovo Monsignor Luis Bambaren c’erano 8.00 persone pronte per la Messa  solenne iniziata alle 10.30 con vivacità di canti e intensità di preghiere. Canti e preghiere che non si sono interrotte mai durante la processione per le vie centrali di Milano con la Sacra Immagine del Cristo miracoloso portata a spalle dal gruppo della loro confraternita, benedetta dal Cardinale stesso con una breve ma significativa presenza e un suo messaggio in spagnolo.

Tramontava il sole al loro canto: “Señor de los Milagros nos dé la luz”.

In Piazza Duomo incontro Valeria Rodriguez, ora 14 enne, che mi saluta così: “Buen viaje, hasta luego”.

Venerdì 23 novembre 2007 – dopo un lungo viaggio per salutare gli amici africani in Zambia – entro nella nuova casa di Huacho alle ore 23.30.

La luna piena risplende in tutta la sua serena bellezza in questo cielo nel Sud del mondo.

Huacho 28 novembre 2007                                                    Don Antonio Colombo

 

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