Là
nel presepe sono principalmente in tre: una mamma, un papà e un
bambino, Maria, Giuseppe e il Bambino Gesù. Alle spalle ci stanno altri
tre: Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Da loro scende il regalo,
principio di tutti i regali, quel Bambino che sta nel presepe, qui
chiamato anche “mistero”, mistero di amore.
E’
il mio Bambino.
Domanda:
Il Bambino è ebreo, italiano, africano o peruviano?
In
una parrocchia di Milano ho
organizzato una volta la mostra di 100 presepi dal mondo. Tutti di materiale
diverso, dalla stoffa all’avorio, dall’olivo di Gerusalemme
al nero dell’ebano africano. Di tutte le dimensioni dai tre metri al guscio
di una noce e naturalmente da tutte le parti del mondo. Tante scuole lo
visitarono con grande interesse, invitate anche
a votare per il presepe preferito. Risultato
finale: vinse un presepe del Perù per i colori dei vestiti andini, per i
volti serenissimi di Maria e Giuseppe,
ma penso soprattutto per l’allegria che
trasmetteva a partire dall’asino e il bue che mostravano grossi denti
bianchi spalancati in un sorriso. Per me il Perù era ancora un paese lontano,
solo un punto del mappamondo.
Ora
sono qui perché il Bambino Gesù è peruviano. E’ il mio Niño e ciascuno di noi è parte di questo presepio-mistero
vivo. Io sono uno dei pastori che corrono alla grotta, voi 40 bambini che
cantate così bene siete gli angeli di quella – e questa notte.
Ciascuno di noi può essere uno dei magi che seguono la stella… che nessuno
sia Erode e nemmeno uno dei sacerdoti freddi e indifferenti di Gerusalemme.
Proprio
perché il Niño è peruviano lo si festeggia alla peruviana, con la posada e
la cioccolatata, con la Messa del Gallo e la Notte buona in famiglia, con il
Panetòn importato dagli emigranti milanesi.
La
“posada” con i bambini che percorrono gli ultimi chilometri di Maria e
Giuseppe cercando una casa dove fermarsi. Sono passati per le strade della
nostra città, mi sembra sempre accolti bene e trovando case aperte dove
pregare un po’ e ricevere qualche dolcetto.
E
chi
non ha partecipato o contribuito a una “cioccolatata”, questo modo
semplice e dolce di condividere con i poveri una bevanda calda e zuccherata,
con giochi per bambini e regali utili? Chi non si è accorto che tanto tanto c’è
da fare per le famiglie senza acqua potabile e luce della nostra periferia
infinita?
Un
pensiero può andare anche ai carcerati di Carquin, ai ragazzi
lustrascarpe delle vie principali, ai bambini della Beneficienza, agli
anziani della Casa di Riposo, a chi dorme sul piazzale della Cattedrale.
Tocca
a me aprire gli occhi e fare anche piccoli gesti di amore, come tre
bambini di un nostro ospedale.
Martedì,
come cappellano degli ospedali, sono passato a fare gli auguri e a
pregare di reparto in reparto, fermandomi sempre con infermieri, dottori
e pazienti davanti a un presepe.
Stavo
cantando con tre bambini ricoverati in pediatria, sostenuti dalle loro mamme,
il canto “noche
de paz ”, quando una dottoressa mi chiama:
“Fratello Colombo, andiamo in quella stanza, dove c’è un bambino tutto
solo. Bambini venite anche
voi”. Il bambino sui dieci anni stava assopito, senza accorgersi del nostro
arrivo. Attimi di incertezze, il tempo per organizzarsi e poi parte un
coro natalizio, quello del pastore andino Compadre Pedro che
arriva alla grotta danzando… (interrompendo
la predica e chiamando
in causa direttamente l’organista)
"Tu
Richard,
metti giù le note… sì, sì proprio questa che
dice: un passo qui e un passo là”.
Quel
canto dei tre bimbi, delle loro mamme, di una nonna e della dottoressa fecero
un piccolo miracolo: il ragazzo aprì gli occhi,
accennò un sorriso mentre una dolce lacrima rigava il volto della sua mamma.
Per quel ragazzo era il momento della Nochebuena, quando l’Angelo avvolge di
luce i pastori per il lieto annuncio che
un Niño è nato per tutti noi.
Torniamo
a guardare a quei tre che sono là nel presepe, ben
sapendo che
fra pochi
minuti uno di loro - il Niño – nascerà davvero qui sul nostro altare.
E’
qui Betlemme, è qui in Huacho, è qui in questa Cattedrale sempre più bella
per accogliere Lui che nasce in ogni nostro cuore, in ognuna delle nostre
famiglie.
Gli auguri esprimono la nostra gioia,la gioia del mondo intero.
Una
prova di questa gioia mondiale l’ho provata oggi ricevendo tre chiamate:
dall’Italia, dalla Russia e da Sri Lanka. Mi è mancata quella dall’Africa…
ci sono pochi telefonini… ma sono certo che hanno festeggiato come sempre
con immensa allegria e tante danze.
Oggi
è nato Gesù
Oggi
è apparso il Salvatore
Oggi
sono felici i pastori
Oggi
cantano gli Angeli, con la voce di questi 40 bambini: Gloria a Dio e
Pace in terra.
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