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Articolo n. 24

Ermanna e Peppino dal Perù

e don Antonio da due anni a Huacho

Terza  puntata

Cronista  Peppino      

Pranzo a casa del Vescovo

 

 

Sabato, dopo un intenso mattino a fare shopping per le vie del centro di Huacho, andiamo a pranzo in arcivescovado. Suor Marianna ci fa trovare perfino un antipasto a base di insalata e tonno seguito da una spaghettata degna di questo nome e da pollo cucinato in tre modi diversi. La conversazione del vescovo, mons. Antonio Santarsiero originario di Potenza, brillante e spiritosa, tocca diversi argomenti e così si arriva al dessert: panettone e torrone di produzione locale accompagnati da un ottimo rosso, questo italiano, che è spuntato dalla dispensa vescovile. Siccome qualche nostro commensale, eravamo in nove, preferiva bere una sorta di aranciata, io e monsignore ci siamo adattati a onorare il vino campano. Nel congedarci sua eccellenza ci saluta con una battuta fulminante. Riferendosi a don Antonio, che deve seguire una dieta ferrea: niente pane, vino, men che meno dolci, solo pollo bollito e verdura, rigorosamente senza sale, sbotta: “Certo, don Antonio, che il tuo medico ti ha dato più penitenza che il tuo confessore!”.

 

 

 

Visita a Sayan tra venti di agitazione sociale

          

Si parte con don Antonio per andare a visitare il simpaticissimo padre Vittorio Ferrari di Cesano Maderno, che si trova a una cinquantina di chilometri all’interno, nella splendida località di Sayan, a circa 700 metri di quota. La parrocchia è vastissima, certe cappelle si trovano ben oltre i 4000 metri e vengono raggiunte solo periodicamente dai missionari che dispongono di un fuoristrada giapponese adeguato alle strade sterrate che definire avventurose è un eufemismo. Ci inviterà ad andare con lui a 3800 metri, ma decliniamo: la strada per Acos ci è bastata…

Si arriva ad Handauasi dopo circa un’ora a bordo di uno sgangherato taxi, che però ha il pregio di costare poco, percorrendo una strada asfaltata decentemente e quasi tutta in rettilineo. Si tratta di una frazione di Sayan dove padre Vittorio svolge il suo ministero. Si attraversa il ponte sul fiume Huaura e si avverte qualcosa di strano. Grossi massi ai lati della strada, una specie di fortino che domina il ponte e, sorpresa, l’ingresso del paese è sbarrato per cui le automobili non possono entrare. Si va a piedi per circa 200 metri tra negozi aperti, ma senza clienti e gente che ti guarda, ti saluta, ma non sorride.

Don Antonio ci dice che nei mesi scorsi in questa località, sede di un importante zuccherificio, i dipendenti si sono sollevati contro la politica adottata dalla proprietà; ci sono stati scontri con la polizia, anche con blocchi stradali, tanto che ha dovuto intervenire perfino l’esercito con reparti antiguerriglia. Da qui i massi che sbarravano lo strade di accesso, il fortino, il blocco del ponte, con conseguenti feriti e anche un morto. Con la mediazione del vescovo di Huacho, mons. Santarsiero, assistito da don Antonio, la situazione non è degenerata ulteriormente, ma ora, a distanza di tre mesi, la faccenda non è ancora risolta e la canna da zucchero lungo le strade aspetta di essere tagliata, con grandi disagi per i lavoratori che aspettano lo stipendio da parecchi mesi. La tensione ovviamente è palpabile. Un vero peccato per questa fertilissima zona dove si produce di tutto: mais, zucchero, fragole, cipolle, patate e molto altro. (Per ulteriori particolari sugli avvenimenti si può consultare la lettera dal Perù n. 21, visitando il sito web www.sullarcadinoe.it ).

       

Rapido pranzo con padre Vittorio, che scopro astronomo munito di un buon telescopio. E' un buon amico di don Mario Perego, assistente dell’oratorio di Sedriano qualche decennio fa e di don Angelo Ripamonti, parroco del nostro paese fino a pochi anni or sono. Poi si va nelle località vicine a portare gli avvisi per le prossime funzioni. Si tratta di piccoli centri con allevamenti di bestiame e agricoltura ben sviluppata. Le montagne incombono, brulle e maestose, il tempo stringe e il padre ci accompagna a Sayan, cittadina con una bellissima chiesa in stile coloniale, una magnifica piazza fiorita proprio davanti alla casa parrocchiale e, soprattutto, dispone di una pasticceria famosa perfino a Huacho, nella quale Ermanna, provocata con sottile arte da don Antonio, si scatenerà più tardi nelle compere.

   

Incontriamo le suore, Serve di Gesù Cristo, consorelle di quelle che lavorano in parrocchia a Sedriano. Ottima accoglienza da parte loro e buon caffè all’italiana (ogni tanto ci vuole). Ermanna si reca a trovare suor Isolina che una piccola indisposizione costringe al riposo, mentre io faccio conversazione con la superiora generale, suor Laura di origine brianzola, appena arrivata in visita dall’Italia, che aspetta le sue valigie finite, non si sa come, a San Paolo, in Brasile. 

Arriva poi padre Emanuele, parroco di Sayan, giovane ed energico prete della provincia di Catania che ci accompagna in chiesa, in oratorio, negli uffici della parrocchia, mentre nel campo sportivo interno, sotto l’altissimo monte San Jeronimo, che culmina con un grande picco, che al tramonto assume un bel colore rosa, un gruppo di ragazzini disputa un accanito incontro di calcio. Un traballante, a dir poco, mototaxi ci porta alla stazione degli autobus dove troviamo un passaggio su un taxi collettivo che ci riporta sani e salvi a Huacho.

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Processione del Señor de los Milagros

        

In questo periodo si celebrano in tutto il Perù le ricorrenze della festa del Señor de los Milagros con grandi processioni. La stele del Signore dei Miracoli, posta su una pesantissima portantina, viene porta a spalle per le vie della città, seguita da grandi folle di devoti e preceduta dalle consorelle delle varie confraternite che, camminando all’indietro, incensano in continuazione la stele che è accompagnata da una banda musicale. La processione dura parecchie ore, i portatori compiono brevi tratti, al massimo di un centinaio di metri, venendo poi sostituiti da altri e così via fino al ritorno alla chiesa di partenza.

A Huacho si sono avute tre processioni. Abbiamo assistito al primo tratto della seconda che vedeva impegnato come portantino anche don Antonio, confratello della Congregazione. In un elegante abito blu, munito di bianco cordone d’ordinanza, il nostro don di buon grado si è unito agli altri portatori e ha svolto il suo dovere per circa 150 metri, ovviamente senza forzare, per i motivi che sappiamo. La processione, partita verso le 10 dalla cattedrale, è proseguita per le strade di Huacho rientrando alle 2 del mattino successivo. Per noi una bella esperienza vista la partecipazione popolare che mette un po’ d’invidia alle processioni delle nostre parrocchie.

             

 

Chiesa di San José de Manzanares e Messa al cimitero

Don Ambrogio, di Gorla Minore, ci invita a visitare la nuova chiesa, da lui fondata, nel rione huachano di Manzanares, intitolata a San José. La costruzione non è ancora terminata, ma il Padre spera di poter celebrare Messa il giorno di Natale, sia pure con qualche arredo mancante. La chiesa si erge al culmine di una collina che domina la baia di Huacho, con la splendida vista che spazia sul Pacifico dall’intenso colore blu e sulla città che si stende sotto di noi. Padre Ambrogio ci spiega la filosofia che lo ha ispirato nel progettare la chiesa che ricorda in qualche modo i templi incaici che tendono, su diversi piani, ad andare verso l’alto, verso il cielo, alla ricerca di Dio. Un esempio di queste costruzioni le abbiamo viste qui vicino nel sito archeologico di Bandurria e ne vedremo di molto più grandi nei prossimi giorni visitando la zona di Cusco, l’antica  capitale degli Inca.

Ci complimentiamo con Padre Ambrogio e con l’architetto che ha curato la realizzazione di questa ottima chiesa, che ci rimarrà negli occhi anche quando saremo discesi in città per recarci al cimitero municipale dove don Antonio concelebrerà una Messa per la ricorrenza dei defunti. Oggi è il 2 novembre e mi dispiace un po’ di non essere a Sedriano a onorare i miei familiari deceduti, ma ho incaricato mia figlia di provvedere. Il cimitero è come i nostri: grandi colombari, ma anche campi nella terra. Colpiscono i tantissimi cognomi di chiara origine italiana scolpiti sulle lapidi. La gente è tanta, tutti portano piccoli mazzi di fiori. Il via vai è continuo. Molti si fermano ad ascoltare la celebrazione tenuta da Padre Bisso, di ascendenze liguri, che pronuncia un’omelia di tono pacato, ma fermo che fa meditare.        

 

 

 

 

Tre giorni e mezzo tra gli Inca e visita a Machu Picchu

Don Antonio, a sorpresa, ci ha organizzato un viaggio nella culla della civiltà inca nella valle del Cusco, dove tra grandissimi monumenti di pietra, posti ad altezze vertiginose, si trova anche la “città perduta” dal nome famoso di Machu Picchu che significa Montagna Vecchia.

Si parte da Lima, in aereo, alle 10 e dopo un’ora si atterra a Cusco, la bellissima capitale dell’impero degli Inca, ricca di monumenti e chiese. Siamo a circa 3400 metri e l’altitudine gioca un poco simpatico scherzo a Ermanna che accusa una forte emicrania mentre a me e alla signora Carmen, la “cuciniera” di casa di don Antonio, che ci accompagna, l’altitudine ci fa un baffo. In hotel ci offrono una bevanda di foglie di coca bollite nell’acqua e la situazione sembra migliorare.

 Nel pomeriggio comincia la visita ai vari siti archeologici in città e nei dintorni, dove il bus si arrampica sempre più ad altezze che possono oltrepassare di parecchio i 4000 metri. Tra monumenti mastodontici, fatti di blocchi di pietra pesantissimi che si incastrano perfettamente e vedute panoramiche dei monti circostanti la visita continua fino a sera. Per combattere il “male dell’altura” oltre alla solita bevanda, ci vengono vendute delle caramelle alla coca che qualche cosa fanno, anche se il sapore non è dei migliori: è sempre meglio che stare male! Per descrivere questi monumenti preferiamo lasciar parlare le immagini.

L’ultimo giorno è dedicato alla visita di Machu Picchu. Un bus ci porta fuori Cusco e, dopo più di un’ora, ci deposita alla stazione di Ollantaytambo dove prendiamo il treno a scartamento ridotto delle Ferrovie Peruviane che in 90 minuti, percorsi alla fantastica media di 35 chilometri orari, ci lascia alla stazione di Aguas Calientes (Acque Calde), località che si trova ai piedi di Machu Picchu. Tutto il percorso si è snodato sul fondovalle, quasi sempre in curva, con molte brevi gallerie, costeggiando le montagne e il corso del fiume Urubamba.

Ad Aguas Calientes si prende un bus di dimensioni ridotte che scala la montagna, ovviamente su strada sterrata e molto stretta, con tantissimi tornanti che ricordano un po’ lo Stelvio e relativi precipizi senza l’ombra di un guard rail e, dopo 25 minuti, si arriva all’ingresso del Parco Archeologico più famoso del mondo, a circa 2400 metri di quota. In alternativa c’è una scalinata, scavata nella roccia, che taglia i tornanti e arriva in cima, ma è roba per atleti e giovani che vogliono risparmiare sul costo dell’autobus. Il sito venne scoperto ufficialmente nel 1911 dal professore americano Hiram Bingham che stava effettuando tutt’altre ricerche nella zona. Una guida di nome Melchor Arteaga che, come tutti gli abitanti della zona, era a conoscenza delle rovine sepolte dalla vegetazione, accompagnò il professore a visitare il luogo e, da allora, Machu Pucchu, la “Città perduta degli Incas” divenne famosa nel mondo.

L’impatto ci lascia senza fiato. Alcuni secoli di storia sono sotto di noi in uno scenario fantastico che è molto meglio visto direttamente che non attraverso foto o filmati televisivi. Una giovane guida di nome Pedro, molto preparato sull’argomento, ci accompagna. Siamo un gruppetto non molto numeroso, ma nel quale sono rappresentate diverse nazionalità: una famiglia brasiliana, una coppia di messicani, un gruppo di colombiani e una coppia di argentini che parlano alla perfezione l’italiano, un signore forse tedesco, una coppietta di giovani di nazionalità incerta e infine noi due italiani e la signora Carmen, peruviana doc.

Pedro è una guida esperta, ci porta con passo sicuro per passaggi angusti e con forti pendenze, su scale di pietra per forza di cose non molto livellate. Di ogni luogo ci espone la storia, le leggende e la spiegazione di come si è potuto costruire questa città, non molto grande, se al massimo poteva ospitare circa 750 persone perché al Machu Picchu non c’è mai stata l’ombra di una pietra. Ebbene gli inca hanno portato in quota da fondovalle le pietre necessarie caricandole sulla schiena dell’animale andino per eccellenza il famosissimo llama, un elegante e agile ruminante capace anche di salti altissimi (con un balzo è passato sopra la testa di Ermanna e di una signora che era con lei, mentre con qualche patema scendevano una scalinata): al Machu Picchu vive una numerosa colonia di questi animali che, secondo Pedro, fanno anche da giardinieri brucando l’erba e tenendo in ordine i prati. Entrati in città dalla Porta Principale abbiamo visitato via via i luoghi più interessanti, compresa la famosa pietra che sprigiona calore e, secondo gli inca, energia salubre. Io ho provato a toccarla, senza molte speranze, ma sarà stata l’energia o la mia fede nel granito oppure il Voltaren, il dolore alla gamba che mi perseguitava da qualche giorno è sparito. Mah! Alla fine, accompagnati da un codazzo di llama, abbiamo visitato la grotta del condor, posto sacro per gli inca, quindi una occhiata alla costruzione astronomica dove attraverso uno stretto spazio il 21 giugno e il 21 dicembre di ogni anno il sole che sorge passa millimetricamente nel mezzo, annunciando il cambio delle stagioni, dando il via alla alla semina nei campi. Il giro è terminato con Ermanna attaccata al braccio di Pedro che scendeva una ripidissima e unpo' inquietante scalinata senza agganci, con il sottoscritto dietro, che si aggrappava da tutte le parti e ad ogni gradino superato pensava: “Meno male, uno di meno”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lima mordi e fuggi

Di rientro da Cusco si visita velocissimamente Lima, la capitale peruviana fondata dal conquistatore spagnolo Pizarro circa 500 anni fa. E’ una città enorme, con 10 milioni e forse più di abitanti (in pratica un terzo dei peruviani vivono qui), dai forti contrasti urbanistici e sociali. L’amico Padre Abelardo ci preleva all’aeroporto e, dopo aver contrattato il prezzo, ci carica su un taxi. Siamo in 5 più l’autista, ma questo non sembra proprio un problema. Arriviamo al Seminario. Rapida colazione, poi, depositate le valigie, si va in centro, alla bellissima piazza d’Armi, cuore pulsante di questa città, dove ci attende la cattedrale dedicata ovviamente a Santa Rosa da Lima, la santa del Perù. Un taxi non molto rassicurante, ma guidato da un simpatico signore che conosce pure qualche parola di italiano, ci porta a destinazione al modico prezzo di 8 soles (2 euro) per una corsa che dura almeno 25 minuti.

La piazza non è grandissima. ma le proporzioni architettoniche sono perfette. Al centro una bella fontana è l’ideale per fare fotografie. Da un lato il Palazzo del Governo, dall’altro quello del Governatore della città e infine la cattedrale di stile coloniale. Entriamo e subito ci assegnano una giovane guida, una ragazza dai capelli nerissimi, molto professionale e competente, che ci spiega tutto, ma proprio tutto, di questa chiesa che tra i suoi molteplici tesori d’arte annovera anche un coro ligneo opera di maestri europei veramente stupendo. I quadri e le statue, doni di re e regine, vescovi e fedeli, sono testimonianze di fede e riconoscenza per scampati pericoli, come quello di uno tsunami e dei molti terremoti che non sono mancati nel corso della storia locale. In un locale c’era un baule detto del missionario perché una volta aperto, mostrava statuine e dipinti che spiegano i principali fatti raccontati nella Bibbia. Nella cripta sotterranea si trova il famoso Pizarro, ucciso a colpi di spada dai suoi compatrioti e nascosto per anni sotto le false spoglie di un soldato. Si risale per vedere la struttura antisismica della cattedrale, che ha parti in legno, si ripassano i vari altari, si parla dei tesori inca, ma è ora di tornare a Huacho.

Questa volta viaggeremo in bus per circa 150 chilometri. Padre Abelardo ci accompagna alla stazione di partenza, dove uno studente del Seminario ci ha portato i bagagli. Si tratta di un cortile in un quartiere semiperiferico di Lima frequentato da varia umanità: operai, studenti, impiegati, campesinos, signore di ogni età con ogni sorta di pacchi e… due turisti italiani. I pullman, di ottimo aspetto e molto puliti, vanno e vengono e, cosa veramente encomiabile, rispettano al minuto l’orario. Alle 19 in punto si parte. Il traffico è caotico, la velocità è ridicola, i semafori abbondano, non vorrei essere nei panni dell’autista il quale, con molta professionalità, ci deposita al terminal di Huacho alle 22 in punto, come ci avevano preannunciato in biglietteria. Il solito sgangherato taxi ci porta a casa dove un assonnato don Antonio ci apre la porta e ci accoglie così: “Ah, siete voi, ma da dove sbucate?”.

 

135 anni di Huacho capitale di provincia

In questa settimana ricorre il 135° anniversario da quando Huacho è stata dichiarata Capitale di provincia. Grandi feste e intrattenimenti popolari sono stati indetti in varie zone della città. La Santa Messa delle ore 9,30 detta “Misa Te Deum” è celebrata dal Vescovo alla presenza del sindaco dott. Pedro Zurita Paz, delle autorità locali, provinciali e regionali e di fedeli rappresentanti delle varie istituzioni. C’era anche il coro della città in uniforme azzurra. Le cerimonie ufficiali proseguono fuori della Cattedrale nella Piazza d’Armi e noi le seguiremo da vicino con don Antonio che sostituisce il Vescovo, occupato in altre parrocchie a celebrare le cresime.

Dopo i discorsi delle autorità, seguite dall’alzabandiera, si passa alla benedizione di alcune autovetture assegnate alla sicurezza civile, quindi vengono benedette alcune decine di apparecchi ricetrasmittenti, pure destinati alle varie polizie urbane. Seguono poi benedizioni varie alle tante associazioni presenti con le loro bande, che rappresentano le realtà presenti sul territorio comunale. Tra le autorità ci sono anche miss Huacho e miss Signora di Huacho, che il don conosce perché sono sue alunne del corso di italiano e così una foto ci immortala con loro. Alla fine siamo un po’ stanchi e pensiamo che sia ora di togliere le tende, ma veniamo contattati da un signore, armato fino ai denti, che ci prega di seguirlo. Veniamo fatti salire su una fuoristrada di rappresentanza dove già siede don Antonio in compagnia di una gentile signora che, scopriremo dopo, è un “pezzo grosso” arrivata da Lima, su incarico del governo centrale. C’è da benedire lo stadio comunale, rimesso a nuovo per l’occasione e don Antonio non può mancare e, a quanto pare, nemmeno noi due…

 

Mi ritrovo in mano il secchiello dell’acqua santa con la raccomandazione di stare attento a non versarla. Prometto di impegnarmi, ma, sarà per la mia imperizia, sarà per la strada piuttosto sconnessa anche se asfaltata, quando arriviamo allo stadio il secchiello è pieno solo a metà. Speriamo che basti. Don Antonio dice di sì e se ne va con le autorità. Non ci resta che seguirlo da lontano, tra la folla, scattando qualche foto dell’inaugurazione tra discorsi, musica a tutto volume e lancio finale di bolle di sapone, sì bolle di sapone, lanciate da una macchina che farebbe invidia ai nostri nipotini. Le bolle, incuranti della solennità della cerimonia e dei politici presenti, si attaccano da tutte le parti e perfino sul bel volto della signora che era in macchina con noi. Lo stadio è abbastanza bello, con tribune colorate di azzurro e bianco, però manca ancora l’impianto di illuminazione, fatto questo che viene sottolineato dal sindaco che, senza troppi giri di parole, chiede alle autorità del governo regionale e centrale di provvedere, magari anche tra qualche anno. Decisamente tutto il mondo, in questi casi, è paese...

Di pomeriggio ci vengono a trovare Sofia e Maribel per un'intervista da pubblicare sul giornale  parrocchiale e con loro ci beviamo un buon caffè peruviano, fatto con moka italiana.

Non è mancato un salto al negozio di Tejesol Huacho, per i “ricordini” da portare in Italia. Ci hanno riempito una valigia intera da portare a Velasca di Vimercate dove c'è la rivendita di questi prodotti del Progetto Giunco (www.tejesol.org).

Alla sera i festeggiamenti proseguono un po’ dappertutto. In piazza d’Armi, sul palco davanti alla cattedrale, si alternano gruppi musicali di varie tendenze, dal rock al pop, alla musica criolla, gloria peruviana, che riscuote i maggiori consensi. Con don Antonio cerchiamo di fare un giro tra la folla, ma dobbiamo desistere. E’ come cozzare contro un muro e non si riesce a passare, per giunta ogni due passi qualcuno riconosce don Antonio e lo saluta calorosamente. Ce ne andiamo verso mezzanotte, prima dei fuochi pirotecnici che però vedremo a casa in telecronaca diretta sul canale 26, mentre i venditori di birra, sbucati chissà da dove, imperversano e fanno affari d’oro.

Il mattino successivo i festeggiamenti proseguono con sfilate folkloristiche di ogni qualità. I gruppi sono affiatati e i complessi bandistici che li accompagnano fanno da colonna sonora. Vicino a noi due signori con due llama bardati a festa fanno da richiamo turistico-fotografico al quale è impossibile resistere e il Don si fa fotografare. Lui non paga la foto perché... ha dato la benedizione al gruppo. Nel mentre, avanzando lentamente nella centralissima avenida 28 de Julio, arriva una ballerina, che danza la marinera, un ballo molto popolare in Perù, seguita da quattro gauchos a cavallo che danzano con lei, con impennate e giravolte da spettacolo circense, che avvincono il pubblico che assiste applaudendo calorosamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si ritorna a casa

Quasi inaspettata si avvicina la data del rientro in Italia. I venti giorni previsti sono passati come un lampo. Prepariamo, con molta riluttanza, le valigie. Sua eccellenza il vescovo mi chiama e mi propone di restare ancora un po’ di giorni: conosce una dirigente della compagnia aerea con la quale viaggiamo e si offre di chiamarla per posticipare il ritorno di almeno una settimana. Siamo tentati di accettare, ma poi ci ricordiamo che sono 3 settimane che non vediamo i nostri nipotini Andrea e Arianna e i loro genitori Giovanna Maria e Matteo, che hanno finanziato il nostro viaggio come regalo per il nostro 35° anniversario di matrimonio e ogni tentennamento scompare. Ringraziamo sentitamente sua eccellenza che non dimenticheremo mai per la sua affabilità e la grande ospitalità che ci ha accordato e siamo pronti per partire.

Prima però si impone un passaggio nella cattedrale per i saluti a tutti coloro che ci hanno accolto con amicizia. Baci e abbracci con le signore che collaborano con don Antonio che ci fanno pure qualche regalino. Un ringraziamento a tutti coloro che ci hanno fatto compagnia in Perù, in particolare alla signora “cuciniera” Carmen. Un ringraziamento specialissimo al nostro don Antonio che ci aveva invitato e che ha avuto molta pazienza con noi, esaudendo praticamente ogni nostra richiesta, anche la più strampalata. Grazie don, come sempre sei stato grande, ma noi lo sapevamo già. Grazie anche al dottor Pedro Zurita Paz, sindaco di Huacho, Capital de la Hospitalidad.

Domani alle 15 l’autista del vescovo, l’amico Pablo, ci porterà a Lima e da lì, con un aereo della compagnia olandese KLM, via Amsterdam, dopo circa 14 ore di volo, rimetteremo piede in Patria. Ancora non sappiamo che il Pisco, una grappa peruviana molto buona, che acquisteremo al duty free per l’amico Gigi che ci aspetta alla Malpensa, ci verrà confiscata ad Amsterdam: sembra che nuove norme comunitarie proibiscano l’importazione di liquidi dall’America del Sud. Ad ogni modo è bello avere amici... in tutto il mondo. Di nuovo grazie a tutti.

Peppino con Ermanna