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Scintille 29 dal Perú |
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Pasqua 2010 nei nostri occhi “La Settimana Santa vissuta da protagonista, non da spettatori, con le immagini e impressioni che si sono fissate negli occhi”. Con queste parole ho invitato a impostare il lavoro redazionale ai miei quattro collaboratori del bollettino parrocchiale Nuestras Campanas n. 310. Così la parola “occhi” ha guidato me per primo e poi una mamma, la voce guida della liturgia, il regista teatrale, un’attrice, due presidenti di confraternite, una donna incensiera, un chierichetto e una bambina, a mettere per iscritto ciò che stava nelle pupille di ognuno. Il bollettino è stato stampato in 1500 copie in bianco e nero, ora tocca a Rosy, della redazione di www.sullarcadinoe.it metterlo a disposizione di tutti.
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Nei miei occhi il brivido alla Sepoltura di Gesù Venerdì Santo inizia alle 12 con 7 sacerdoti che si alternano a spiegare le 7 parole di Gesù in Croce. A me tocca la prima con “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Perdono è una parola bella, ma tanto difficile da capire e mettere in pratica. La Cattedrale si riempie a poco a poco in attesa delle ore 15, con il drammatico racconto della passione e morte di Gesù e il lento e commovente bacio della Croce, accompagnato da canti solenni e pieni di tristezza. Qualche vecchietta, dopo aver stampato il suo bacio, lentamente sfiora quasi tutto il Corpo di Gesù con un batuffolo di cotone come per raccogliere le macchie di sangue per farne una reliquia preziosa da custodire in casa.
Ma il momento più drammatico è un altro: l’abbassamento del corpo dalla Croce. La liturgia si fa’ teatro in una continuità armoniosa. Dall’altare si passa al Calvario vero proprio, con il Corpo di Gesù inchiodato alla Croce in un modo che appare reale come 2000 anni fa. Qui entrano in scena le confraternite del Santo Sepolcro e della Dolorosa con i suoi attori. Appoggiano la scala alla Croce, staccano i chiodi lentamente, mostrandoli uno ad uno alla Vergine Dolorosa che si avvicina per vedere quanto hanno fatto soffrire suo Figlio. Un silenzio proprio di tomba cala sull’immensa folla che gremisce anche la piazzuola esterna della Cattedrale. Il lenzuolo della Sindone riceve il corpo inerte del Crocefisso, mentre mani pietose si preparano ad accoglierlo per portarlo alla sepoltura. Le mie mani sono unite a quelle del Sindaco Pedro Zurita e di otto “pie donne” mentre solleviamo il corpo di Gesù ( è una statua, ma quanto sembra vero!) lungo il corridoio centrale per 30 lunghi metri, pressati, quasi schiacciati dalla gente che commossa tenta in tutti i modi di toccarlo, magari con un fazzoletto bianco come quello della Veronica. Sono pochissimi minuti, ma che brivido nelle ossa, e che emozione nel cuore. Nessuna foto riesce a dare l’idea dell’intensità del momento pieno di fede e di dolore: è morto per noi, amandoci fino all’ultimo respiro! Un’urna dorata è il sepolcro che accoglie questo Corpo martoriato e senza vita. Altre mani si incaricano di posarlo dolcemente, accomodando i capelli e i piedi con i segni dei chiodi. I fedeli seguono con attenzione ogni movimento, senza fretta. Tutti tristi aspettano l’uscita dalla Chiesa dei tre cortei con l’apostolo San Giovanni, tutto vestito di nero, la Madonna avvolta nel suo manto di dolore e naturalmente l’urna del Santo Sepolcro portata a spalla da ben 36 uomini. Prima di percorrere per ore e ore le vie della città tra migliaia e migliaia di fedeli, ecco il saluto della banda con l’assolo della tromba con il famosissimo “Il silenzio” che tocca le fibre più profonde del cuore di ognuno di noi, mentre gli occhi inumiditi dalle lacrime si volgono verso il Sepolcro o le 7 spade che trafiggono la Madonna. Ognuno nasconde nel cuore la domanda: “Risusciterà anche quest’anno?” Questa Settimana Santa 2010 così ben celebrata e vissuta nella nostra parrocchia può davvero essere guida e forza per tutte le altre 51 settimane dell’anno.
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Graffiti politici sui muri della città Si aprono i miei occhi peruviani anche sulla politica, almeno quella locale. Quasi posso dare del tu alle principali autorità comunali, provinciali e regionali dopo tutti gli incontri ufficiali civili e religiosi di questi anni. Ora tutti si preparano alle elezioni previste per l’inizio di novembre, ci sono strade da asfaltare in punti strategici, palazzi da completare e inaugurare come biglietto da visita per tentare una rielezione. Tutto il mondo è paese, anche politicamente! Alleanze si fanno e si disfano nel giro di pochi giorni o poche ore, coinvolgendo amicizie e opportunismo. Un piccolo miracolo l’ha fatto la Croce Rossa con la sua brillante Presidente Giulia Pineda de Brissolese che da saggia nonna ha saputo tenersi al fianco, come buoni nipotini, due dei principali contendenti che da un po’ non si vedevano camminare a braccetto. C’ero anch’io all’inaugurazione della nuova e bella sede della Croce Rossa e notavo la sottile diplomazia del Sindaco Zurita verso il Presidente Regionale Nelson Chui e viceversa, mentre i “muri” parlano un altro linguaggio, quella della separazione preelettorale. Metto nel mio archivio fotografico la foto ricordo di quel momento, non sapendo con chi mi potrò trovare fra qualche mese. Sì, i muri parlano! Tutti i muri di cinta sono accaparrati per enormi scritte su sfondi di colori diversi a secondo dei partiti. Non sono ancora conoscitore a fondo dei partiti per sapere se sono di destra, di sinistra o del centro, anche perché ci sono liste locali attorno a un problema o a un candidato carismatico. Solo a titolo di cronica metto il giallo per “La famiglia” con il nome guida di Chui per la Regione, rosso è per il partito Padin con Miriam, il bianco è per il Sindaco Zurita, pare in attesa di un colore di sostegno, con lettere a due colori si muove Aguero, mentre altri spiccano con grandi A cerchiate o C dentro una casetta rossa. Tutti uniti nelle promesse: onestà garantita, esperienza, torna l’ordine, ordine cittadino, educazione, sanità, il grande cambio, la squadra che vince, alleanza per il progresso, la famiglia. Cercherò di vivere con la mia gente questi mesi di campagna elettorale anche per vedere se busseranno alla porta della sacrestia per cercare qualche “santino” come si usava una volta in Italia. Ha un valore elettorale, ma mi sembra anche vero, un altro cartello con caratteri cubitali piantato sulla spiaggia dell’Oceano Pacifico: Huacho sta crescendo.
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Tutti tifavano Barcellona, ma… Spiegando la cultura italiana non si può non parlare anche di calcio. Occasione ghiotta le due partite dell’Inter contro il Barcellona, dando agli alunni come compito l’obbligo di comprare il giornale e tradurre almeno dieci frasi sull’incontro. Scolasticamente parlando, quasi un disastro perché la maggioranza degli alunni è femminile e i termini tecnici calcistici sono difficili da capire già in spagnolo e tradurli è quasi impossibile. “Non scoraggiatevi, tutto serve per imparare una lingua, anche l’Inter vi può dare una mano, aspettando la finale!” Qui tutto il calcio inglese, spagnolo e italiano è trasmesso in diretta. Il tifo va più verso la Spagna, sempre considerata madrepatria, con le magliette del Barcellona super vendute e quelle di Milan e Juventus a fare da gregari. Per ora quasi sconosciute quelle dell’Inter, mentre ben piazzate sono le maglie della nazionale azzurra con quattro stelle, sperando la quinta dei campionati mondiali in Sudafrica. Tutto serve per conversare e tenere su un po’ il morale dei malati nel mio giro settimanale negli Ospedali.
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Per finire… Preferisco lasciare parlare il linguaggio delle foto, ognuno apra i suoi occhi. Si tratta di alcune foto della Via Crucis che si è celebrata il Mercoledì Santo passando di piano in piano nell’Ospedale Regionale. Ognuno le guardi e continui a pregare Gesù che sollievi il dolore, soprattutto quello innocente dei bambini.
Qui siamo in autunno, con un po’ di freddo. Penso alla primavera italiana, al mese di maggio, alla Madonna. Idealmente anche quest’anno ho fatto la pedalata in bicicletta da Milano fino al Santuario di Caravaggio, con il gruppo di amici dei Podisti di Greco, sono 42 chilometri lungo il canale della Martesana che sempre mi hanno trasmesso tanta serenità. Don Antonio Colombo Huacho, 3 maggio 2010 |
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