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Scintille dal Perù - gennaio 2009 

Quasi parroco in Cattedrale

Natale è alle spalle, anche qui l’Epifania tutte le feste se le porta via, sia pure in un altro modo. Non si chiama Epifania, ma la “bajada” dei re magi. Da principiante io traducevo la parola “bajada” scolasticamente come “abbassamento” dei re magi davanti al Bambino Gesù per adorarlo. No, si tratta di un momento devozionale: si “abbassano” tutte le statue, una ad una al termine della Messa, mettendole nelle mani dei fedeli che fanno la gara a riceverle con fede per appoggiarle ai piedi dell’altare per un ultimo momento di venerazione, prima che siano portate via, in attesa del prossimo Natale. Il pezzo più pregiato è il Bambinello che può avere anche un padrino, cioè un fedele che fa’ l’offerta più generosa. Una signora emozionata per avere tra le mani la Madonnina è scivolata sui gradini dell’altare; due bambini invece si sono riempiti di gioia per una gallinella e un’oca del presepio.

Nella mia casa sono stato lento a compiere questo rito, ritardando di 10 giorni questo “abbassamento”, sentendo poi come un vuoto di lucine e di soavità nell’ambiente. 

Pesce fresco dall’oceano
Ero al mio ormai solito posto in fondo alla Cattedrale, leggendo il breviario in attesa di qualche penitente da confessare. Si siede accanto una giovane donna che mi chiede se posso benedire una “cialana”, parola mai sentita in un anno, pur con tutte le benedizioni possibili e immaginabili fatte. Tre o quattro volte mi faccio ripetere la parola, che continua ad essermi incomprensibile. “Ragazza, scusami, mi puoi spiegare con altre parole cosa desideri?” “Padre, è una barca ed è la terza chiesa che visito, ma nessuno sembra voglia benedirla”. “E’ già buio, ma dimmi dove si trova che vengo a vederla almeno per curiosità”.  Munito di stola bianca e dell’aspersorio arrivo fino ai vicoli stretti del porto, in una falegnameria a cento metri dal mare, trovandomi davanti una piccola barca a remi, fresca di vernice, accanto a un barcone enorme. “E’ questa la “cialana”, la mia barca che darò in affitto a un pescatore perché mi frutti qualche soldo in più per la mia famiglia. Così ho investito il mio capitale mettendole nelle mani di questo falegname che me l’ha costruita”. Sbucano dalla casa due bambini due nastri colorati e una bottiglia di spumante champagne: sono i padrini del varo dell’imbarcazione. Poche persone per le preghiere e poi la benedizione solenne con gli auguri per il suo viaggio tra le onde per una pesca miracolosa. Il falegname mette nelle mani di un bambino il martello e dopo quattro colpi scoppia la bottiglia sprizzando spumante da tutte le parti. Breve e intenso l’applauso. “Non voglio nessuna offerta, neanche i soldini per il ritorno in taxi, però mi piacerebbe assaggiare uno dei primi pesci”. Alle 22.30 della stessa notte bussano alla porta di casa, è la famigliola della “pescatrice” che mi porta un grosso pesce che stava ancora dando gli ultimi sussulti. “Grazie padre, ecco qui il suo pesce”. Quanto l’ho gustato questo squisito piatto dell’Oceano Pacifico!

Domenica da “quasi” parroco
A tutte le Messe di domenica 11 gennaio 2009 viene letto un decreto che sottolinea che la Cattedrale ha di diritto il Vescovo stesso come parroco. Però le necessità pastorali concrete esigono che altri portino avanti l’impegno, nominando così il padre Antonio Colombo “primo vice parroco, con tutte le facoltà di un parroco per coordinate tutte le attività pastorali, religiose e sociali”. Lo affiancano altri due vice parroci, padre Manuel e padre Giovanni, due seminaristi e il gruppo di Suore del Cuore di Gesù.

Beh, ci provo a fare il parroco per la quinta volta nei miei quasi 45 anni di Sacerdozio. Qualche chiave di più in tasca e il desiderio di “lavorare” per il Suo Regno, così come ogni giorno si presenta.

Che ne pensano i fedeli? Non lo so, ma ad una Messa ci sono scappati anche degli applausi, mano a mano che si leggevano i vari nomi.

Mi metto subito a studiare un po’ la storia della parrocchia, le sue radici, i suoi volti, per essere pronto ad affrontare la prima domenica, quella del 18 gennaio.

Mi trovo pronto in Chiesa alla Messa delle sette, celebrata dal Vescovo stesso, è sempre lui il parroco.

Mi chiamano perché mancano i calendari da vendere e ci sono due operai che cercano la chiave della Mensa popolare per aggiustare il motore dell’acqua.  Anche questo è compito del parroco…

Qualcuno desidera confessarsi e c’è da dare la mano per le Comunioni, perché la Chiesa è piena.

Colazione con il Vescovo con primi scambi di impressioni e ascolto di direttive anche perché c’è qualche tensione nell’aria. Però oggi è giornata per la Pace in Terrasanta, così tutto si chiarisce in fretta.

La Messa delle 9 è rallegrata da 40 piccoli cantori anche se non devono dilungarsi troppo perché alle ore 10 in punto entrano di prepotenza in Cattedrale le note dell’inno nazionale: è il momento solenne di ogni domenica dell’anno con la cerimonia dell’alzabandiera nella Piazza d’Armi.

Lo speaker con voce tonante dice: “ Oggi la parrocchia della Cattedrale promuove una preghiera per la Pace in Terrasanta a causa della guerra tra Israele e la Striscia di Gaza, pertanto tocca al reverendo padre Antonio Colombo avere l’alto onore di innalzare la bandiera del Perù. Si avvicinino tutte le autorità civili e militari…” Accompagnato da due sindaci della zona, da un ufficiale dell’esercito e da un' assessora del Comune ho percorse un po’ rigido nei movimenti i 30 passi verso il pennone dove mi aspettava un militare con la bandiera tra le braccia. Sì tocca proprio a me, bianco e italiano, tirare la corda mentre a poco a poco sale la bandiera rossa bianca e rossa del Perù, la nazione che da un anno mi accoglie. Emozionato guardo verso il cielo, ma sono accecato dal sole che già picchia in questo mattino di piena estate. Ora la bandiera sventola allegra al vento, mentre la musica tocca le prime note dell’inno nazionale, come un grido di libertà: “Siamo liberi, sempre liberi dobbiamo essere …”

Sottovoce canto anch’io, mano sul petto, pensando che sotto le bombe di Gaza lo stesso inno alla libertà i palestinesi non possono cantarlo. Resto assorto mentre si innalzano altre due bandiere, della regione e della città. Oggi la cerimonia è breve, estiva, le scuole sono chiuse, i ragazzi sono alla spiaggia. Saluto cordialmente le autorità per rientrare subito in Chiesa, ma sono fermato dai giornalisti.

 “Padre, come si chiama, perché questa giornata della Pace?“ “ La pace non c’è nella terra di Gesù. Certo la Palestina è tanto lontana, qui non si sentono gli scoppi delle bombe, qui non crollano le case come per i terremoti però non fa’ mai piacere sapere che dei nostri fratelli stanno soffrendo”. Arrivano anche due cameraman di televisioni locali che filmano mentre dico ”Quasi sotto quelle bombe c’è una mia nipote, 35 anni, che lotta per la Pace con un gruppo dell’Unione Europea.

       

Si chiama Leonor e proprio ieri mattina era nel mirino del mitra di un soldato israeliano…” Pochi minuti e poche parole ma grazie alla televisione entreranno nelle case, per essere vista da tanti, compresi i nipotini della mia cuoca Carmen: “Nonna, guarda il padre a cui prepari da mangiare …” 

 

Benedizione di automezzi della polizia
In quattro e quattrotto vedo che montano un palco, sempre nella grande piazza. Sarà per un concerto, però nessuno sa niente e posso rientrare tranquillo in Chiesa per la Messa di mezzogiorno. Improvvisamente arriva monsignore Carlos trafelato perché ha ricevuto d’urgenza l’ordine dal Vescovo di benedire qualcosa, alla presenza del Presidente della Regione proprio a mezzogiorno. Ma non c’è movimento in piazza, comunque andiamo a informarci. “Sì padre, aspettiamo che da un momento all’altro arrivino le camionette e le moto nuove della Polizia…” Sono effettivamente arrivate 15 fuoristrada Nissan e 20 moto da cross Yamaha, però alle 13.30! Monsignore era scappato a casa a mangiare ed è toccato a me - in stola bianca - salire sul palco delle autorità per sedermi su poltroncine bianche con il Vice capo della Polizia di tutto il Perù, il Sindaco della città e il Presidente della Regione.

  

Qui le norme protocollari sono esigenti, tutto deve procedere con il dovuto ordine: presentazione delle autorità, discorsi secondo l’ordine di grado civile e religioso. Con dovuta pazienza aspetto che lo speaker dica: ” Ora il reverendo padre Colombo, in nome del Vescovo…” Mi fa’ da chierichetta un’impiegata regionale che sorregge un bicchiere di acqua santa. Passo a benedire ad una ad una le camionette dicendo chiaramente al microfono il nome della zona dove sarà operativa, per dare spazio a un’autorità che consegna le chiavi al poliziotto responsabile, ricevendo il grazie del Sindaco corrispondente. Scorrono nomi di cittadine lungo la costa o quelli di comunità di montagna dai 2000 ai 5000 metri di altezza, tutto per combattere la delinquenza comune, il narcotraffico e anche qualche gruppo terroristico. Per le 20 fiammanti moto da cross mi viene suggerita la benedizione ogni quattro unità, tanto non c’è Valentino Rossi accanto alla sua Yamaha. Faccio tutto con calma e fede, però non ritorno sul palco per i discorsi finali, ho un po’ di fame e il sole picchia forte.

La pastasciutta viene riscaldata e trovo una mezz'oretta di intervallo. 

Due ore per la pace, con Leonor
Alle ore 16 c’è poca gente in Chiesa, però si può cominciare l’Adorazione perché non è necessario essere in mille per pregare. A sorpresa arrivano 25 giovani seminaristi teologi che subito danno inizio ai canti accompagnati dalla chitarra. In un ostensorio d’argento sta Gesù Eucaristico che adoriamo con la recita di una parte del Santo Rosario in compagnia della Madonna, ricordandole che tocca anche a Lei fare fiorire la pace nella sua terra palestinese. Canti, momenti di silenzio, alternati con testimonianza che il giovane Gustavo ha incontrato su internet lavorando quasi tutta la notte: l’origine del conflitto, le sette guerre in 60 anni e la testimonianza toccante del parroco di Gaza che dice che i bambini dormono nei corridoi, tremando per il rumore dei caccia bombardieri, lo scoppio delle bombe e il crollo degli edifici. Mi rivedo bambino di 5 anni schiacciato sotto gli stipiti delle porte, quando gli Alleati bombardavano Milano. La Chiesa arriva a quasi 200 persone per i vesperi e la mia breve predica, dove entra direttamente il pensiero alla nipote Leonor, alla sua disperazione, al suo grido di aiuto per poter continuare a sperare che si possano curare i cuori feriti sia dei giovani palestinesi che di quelli israeliani.

La benedizione con il Santissimo scende silenziosamente su tutti.

Quasi negli stessi momenti è scattato il cessate il fuoco, scendendo un silenzio di speranza tra Gaza e Gerusalemme. Solo una fortuita coincidenza quella di domenica 18 gennaio?

Sempre da internet è uscita la preghiera finale di Madre Teresa di Calcutta.

Il frutto del silenzio è la preghiera

Il frutto della preghiera è la fede

Il frutto della fede è l’amore

Il frutto dell’amore è il servizio

Il frutto del servizio è la pace. 

 

Ultime battute
Alle 18.30 sono a fianco di padre Rolando nel celebrare la Messa, è quel giovane consacrato sacerdote il giorno del mio arrivo a Huacho il 24 novembre 2007. Ora è formatore dei 25 teologi della Diocesi. Mi piace sempre vedere un giovane sacerdote guidare con vivacità e fede la liturgia, è anche uno stimolo diretto per gli 8 chierichetti che circondano l’altare.

Durante la Messa delle ore 20 torno in Confessionale e solo alle 21.30 rientro a casa per la cena.

Se un sacerdote non ha la febbre alla domenica sera, non è un buon sacerdote” ci avevano detto negli anni lontani del Seminario.

Però spero che non siano sempre così piene le mie domeniche di ”quasi” parroco! 

Don Antonio Colombo 

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