Maggio 2015
L’evento più vissuto
dalle Suore Missionarie della Consolata in questo maggio 2015, è
senz’altro la beatificazione di sr Irene Stefani, italiana di nascita,
keniana di adozione missionaria, al Kenya è concessa la gioia di vedere
la MAMMA TUTTA MISERICORDIA, come veniva chiamata, salire la
gloria degli altari, il 23 maggio.
Il 24 maggio la sua
salma sarà traslata dalla missione dove si trova a Mathari, periferia di
Nyeri, alla cattedrale della città.
Quando sentii la
notizia, da non so quale anfratto della memoria, affiorò nella mia mente
la canzone:“il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi
fanti il 24 maggio...” e subito dopo l’associazione delle date” 1915
– 2015, Cento anni!
Si dirà “cosa c’entra
questo con suor Irene Stefani che all’epoca era una giovane missionaria
in una sperduta missione africana?
C’entra eccome, perché la “suorina” fu arruolata dall’esercito inglese
con altre missionarie e missionari per lavorare come Crocerossine al
seguito delle truppe inglesi che in Kenya e in Tanzania si scontravano
con quelle tedesche! E fu durante i tre lunghi anni di guerra negli
ospedali da campo militare del Kenya e del Tanzania, che la Stefani
mostro tutta la sua stoffa di Madre tutta Misericordia fino a far dire
ad un duro ufficiale inglese che questa non era una “Donna”, ma un
Angelo.. . e indusse lo stesso governo a concederle la decorazione della
Royal Red Cross.
Coincidenze, sì ma c´è dell’altro...
La
scoperta che feci, pensando alla cosiddetta leggenda del Piave, la
fecero prima di me gli Inglesi, i quali vollero avere l’onore di
portare a spalle le spoglie della Crocerossina dalla umile chiesa di
missione dove riposa, alla cattedrale di Nyeri, con gli Onori
Militari. Infatti saranno proprio soldati del Regno Unito che
porteranno la bara, rinnovando la
grandiosa
parata militare del gennaio 1919 in cui il governatore inglese ringraziò
pubblicamente i missionari e le missionarie "crocerossini":
suor Cristina Moresco, compagna di sr Irene, fu decorata con la
medaglia d'argento della Croce Rossa, Suor Irene ricevette
ben tre
medaglie: la British Wa Medal, in argento riservata a quanti si erano
distinti nella guerra,
la Victory Medal in bronzo e
Royal Red Cross.
il picchetto d'onore si prepara per la traslazione
l'urna per la nuova beata a Nyeri
Non
so altro. La notizia l’ho appresa da suor Julia, keniota, missionaria
della Consolata qui in Mozambico che la trovò in Internet.
ALTRA COINCIDENZA. Suor Irene era chiamata ed è ora venerata come
“Mamma tutta Misericordia”. Ma non sta per iniziare l’anno della
Misericordia indetto da Padre Francesco?
E
che sia Mamma tutta Misericordia lo ha provato a Nipepe in Mozambico,
nel 1989, salvando la vita a 270 persone assediate in Chiesa, durante
la guerra, moltiplicando, l’acqua del battistero, che durante 3
giorni dissetò tante persone che l’avevano invocata con gli stessi
gemiti dei soldati e portatori delle truppe inglesi del lontano 1915,
nelle bolge infernali della guerra.
Nipepe sta preparandosi a “ringraziare “ la Madre tutta Misericordia. Lo
fará il 28 giugno alla presenza di quasi tutti i testimoni – solo
qualcuno manca all’appello perché l’ha già raggiunta in cielo. E non
solo loro, anche i loro discendenti, fra tutte Irene la bimba nata
nella Chiesa assediata di Nipepe, ed ora già mamma di tre bambini
Sr
Dalmazia |
suor Dalmazia alla tomba di suor Irene nel 2007
papa Francesco sarà rappresentato dal cardinale
Polycarp Pengo
a Kilwa, Kenya
a Lindi, Kenya
a Voi, Kenya, accampamento militare
testimoni della santità di sr Irene |
Suor Irene, la
crocerossina che diventerà santa
Una
suora crocerossina bresciana sulla via della santità. Da settimane, in
Kenya, migliaia di fedeli sono in viaggio verso Nyeri, città dove,
sabato 23 maggio, si terrà, per la prima volta in Africa, una cerimonia
di beatificazione. La chiesa festeggia suor Irene Stefani, missionaria
della Consolata nata a Anfo, nel Bresciano, nel 1891, e morta a 39 anni
in Kenya, a Ghekondi, per aver contratto la peste dai suoi malati, che
si era rifiutata di abbandonare.
“Quando si ama veramente non si prova fatica e tutto diventa possibile” amava dire la religiosa che percorreva a piedi decine di chilometri
fra un villaggio e l'altro, consumando all'inverosimile il suo vecchio
paio di scarponi, oggi ancora conservati dal Centro Studi nato in suo
nome a Torino.
Dopo un
processo canonico durato 27 anni, nel settembre 2014 Papa Francesco ha
autorizzato la sua beatificazione. Irene, nata con il nome di Mercede,
proveniva da una famiglia di commercianti, che gestiva una locanda e
vendeva vini. A vent'anni entrò nell'istituto delle Suore Missionarie
della Consolata, fondato dal Beato Giuseppe Allamano.
Nel
1914 sbarcò in Kenya e cominciò a lavorare nella missione di Nyeri, ma
presto dovette abbandonarla, perché insieme alle consorelle fu assegnata
come crocerossina a Mombasa, in Tanzania. Qui si dedicò alle cure dei
“carriers”, cioè i “portatori indigeni”, sottoposti a carichi immani,
vittime di carestie e pestilenze. Alla fine della prima guerra mondiale,
tornò in Kenya. Di giorno lavorava nella scuola, di notte girava per i
villaggi, a assistere i malati di peste. Ai funerali parteciparono
centinaia di persone, che dicevano “Non l'ha uccisa la morte, ma
l'amore”. In Kenya oggi Suor Irene è chiamata “Nyathaa”, ovvero
“madre misericordiosa”.
La popolazione di Ghekondi rende omaggio a sr. Irene dopo
la sua morte.
Con gli
anni, la sua fama si sparse per tutta l'Africa. Ed è in Mozambico,
nazione in cui lei non mise mai piede, che nel 1989, durante la guerra
civile, è avvenuto il miracolo che permette la beatificazione.
L'intervento della religiosa portò alla salvezza di 270 abitanti del
villaggio di Nipepe, durante un attacco delle milizie della “Renamo”,
in guerra contro gli avversari del “Frelimo”. All'alba del 10 gennaio,
gli abitanti si rifugiarono nella chiesa del villaggio, per scampare al
saccheggio, ai rapimenti e alle esecuzioni sommarie. I soldati
circondarono la chiesa e li tennero prigionieri per tre giorni. I
fedeli, i catechisti e il parroco, Padre Giuseppe Frizzi, invocarono
l'aiuto di suor Irene e avvenne il miracolo.
P. Frizzi durante l'inchiesta
In chiesa non c'era altra
acqua, se non quella del fonte battesimale: un tronco d'albero che
conteneva a malapena 6 litri. Eppure durante l'assedio l'acqua del fonte
non venne mai meno, riuscì a dissetare tutti i fedeli e fu usata anche
per lavare una bimba che venne alla luce in quelle ore drammatiche: la
chiamarono Irene. Dopo tre giorni, le milizie liberarono una parte dei
fedeli, ma ne condussero 170 alle loro basi, distanti 170 chilometri.
Dopo una settimana, a piccoli gruppi, tutti ritornarono, salvi. La
piccola Irene oggi ha tre figli: la prima si chiama Eucaristia. E Suor
Irene, sua protettrice, diventerà santa “per un bicchier d'acqua”.
Giovanna Maria Fagnani
gli scarponi di sr Irene, conservati nel museo a Torino
|
la casa di famiglia ad Anfo (Brescia)
i coniugi Stefani con i loro figli ad Anfo (Brescia)
Irene, nata nella chiesa di Nipepe, con le sue bimbe
la chiesa di Nipepe Niassa - Mozambico
il fonte battesimale del miracolo nella chiesa di Nipepe |
da "Misna"
PELLEGRINI A NYERI PER SUOR IRENE BEATA
“Vivo in Kenya da 30 anni e raramente ho visto l’eccitazione e
l’entusiasmo di questi giorni” dice suor Linda Hill, missionaria
della Consolata, responsabile del comitato organizzatore della
cerimonia di beatificazione di suor Irene Stefani. Con la MISNA
parla da Nyeri, la città della Rift Valley dove oggi sono
cominciate le celebrazioni.
Nyeri in festa
Secondo la televisione keniana, domani mattina nella spianata
dell’Università Dedan Kimathi sono attese addirittura 300.000
persone. Una previsione che suor Linda condivide appieno, a
partire dalla sua esperienza delle ultime settimane. Ogni sabato
e domenica la missionaria ha visitato le parrocchie
dell’arcidiocesi di Nyeri per spiegare il significato della
beatificazione e l’impegno di suor Irene.
A
questa giovane coraggiosa, nata ad Anfo, nella Val Sabbia, nel 1891,
entrata nell’Istituto delle missionarie della Consolata a 20 anni e
partita per il Kenya tre anni dopo, hanno dedicato servizi le radio
e le televisioni nazionali. Lo hanno fatto ricordando il suo impegno
nello stare tra la gente, nell’imparare la lingua locale, nella
vicinanza a chi soffre. A partire dalle vittime più deboli della
Prima guerra mondiale, i “carriers”, portatori africani resi
schiavi dai colonizzatori inglesi e tedeschi e dalle assurde logiche
del conflitto. Sono gli anni compresi tra il 1914 e il 1920. Suor
Irene serve negli ospedali militari di Voi, Kilwa e Dar es Salaam,
in quella che sarebbe poi divenuta la Tanzania. Lava, medica, fascia
piaghe e ferite, distribuisce medicine e cibo. Poi si sposta nella
missione di Gikondi, nei pressi di Nyeri, dove si dedica
all’insegnamento.
Le
fondamenta dell’antica casa delle suore, dove la missionaria visse e
morì, dopo aver contratto la peste assistendo un malato, sono state
riscoperte proprio poche settimane fa. “Stavano togliendo la terra
per livellare la stradina che parte dalla chiesa”, scrive alla MISNA
suor Maria Luisa Casiraghi, già direttrice della rivista Andare alle
genti, una delle tante missionarie a sottolineare la “grande gioia”
di questi giorni.
le
fondamenta dell’antica casa delle suore appena scoperte
Mentre tanti keniani
continuano a raggiungere Nyeri insieme con il cardinale John Njue,
l’arcivescovo di Nairobi che presiederà la cerimonia, e il cardinale
Polycarp Pengo, rappresentante di Papa Francesco. Dice suor
Linda: “Sentiamo tutti, non soltanto i cattolici, che
suor
Irene appartiene al popolo del Kenya e per questo siamo orgogliosi
di dirla ‘nostra’”. Ogni giorno, da settimane, la tomba della
missionaria è visitata da centinaia di pellegrini. Anche oggi si
sente pronunciare, anche davanti alle affollatissime bancarelle di
opuscoli e souvenir, la parola “Nyaatha”; atto d’amore che in lingua
kikuyu vuol dire “mamma
misericordia”.
(VG)
|
manifesto
l'Università dove si svolgerà parte della cerimonia
della beatificazione
ultimi preparativi a Nyeri
sister Linda Hill |